Vedere Nazca

Chi frequenta i vari Kazzenger e PieriAngeli sa che cosa sono le pitture di Nazca.
Per tutti gli altri va detto che sono dei disegni tracciati nella sabbia del deserto omonimo, in Perù. Ma le pitture di Nazca hanno una particolarità: sono così estese, immense, che la loro forma si vede solo da una grande distanza, da un aereo sostanzialmente. Quando si è a terra i segni che compongono le forme compiute – prevalentemente animali – sono solo delle righe nel terreno.
Ora, noi gente del mondo, siamo esattamente dentro una pittura di Nazca.
Siamo a terra e vediamo molte cose che non ci vanno bene, vediamo pezzi di righe che non funzionano, curve che non capiamo e percepiamo vagamente che queste righe che trapassano la nostra vita devono avere un significato complessivo. Solo che non riusciamo a vederlo.
Perché ci manca la prospettiva completa. Dovremmo allora salire all’ultimo piano di un grattacielo finanziario di New York (o Pechino o Hong Kong o Londra o Berlino o fate voi) per vedere l’intero disegno.
Da quell’altezza finalmente potremmo vedere il disegno completo. Il disegno di una realtà che viene governata da meccanismi complessi che hanno un unico fine: far arrivare sempre più denaro nelle tasche di quel piccolo gruppo di persone che stanno costantemente sulla cima di quei grattacieli.
Un disegno fatto di algoritmi digitali che manipolano l’economia per fini che non hanno niente a che fare con mangiare, vestirsi, andare a spasso e vivere in generale.
Quindi, prima di tutto, dobbiamo salire in tanti, su quegli aerei, e vedere il disegno. Solo così capiremo cosa fare. Come si a prendere gli aerei? Tocca leggere, leggere cose che vengono poco pubblicizzate, cercare informazioni in luoghi anomali, tocca parlarsi per confrontare le idee e farsi delle domande. Molte domande.

Noi siamo moltitudine (by Anonymus)

Tosca

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Anche le formiche…

Un mondo di poteri forti, in mano a poche migliaia (centinaia?) di persone che decidono sopra la testa di sette miliardi di formichine.
È questo lo scenario più realistico dei prossimi anni se non accade una rivoluzione. Nel senso etimologico, ovvero una rottura delle strutture profonde che governano il mondo. Che poi sia violenta, di velluto, distruttrice o meno, rivoluzione dovrà essere se non vogliamo finire schiacciati nel formicaio. E che nessuno pensi di salvarsi. I signori del mondo sono un club molto, ma molto esclusivo.
Questa è la cornice.
Nel quadro c’è anche l’Italia dove si stanno facendo, dal punto di vista dei nuovi imperatori, degli esperimenti molto interessanti.
Perché uno dei problemi, forse il principale, degli imperatori, è come controllare la rabbia devastante che potrebbe far insorgere le formichine. E sette miliardi di formichine che si incazzano possono essere un vero problema.
Quindi vediamo cosa accade in Italia, anello debole della catena superiore, ovvero quella dei paesi dove le formichine, finora, sono state ben pasciute. Debole perché dedita a vizi antichi: spendacciona, inefficiente, indebitata fino agli occhi. Ma pur sempre un paese ricco, di una ricchezza diffusa, non ancora troppo concentrata nelle mani di pochi. E quindi difficile da spezzare e sottomettere. Ricca anche di cultura politica – seppur anestetizzata – che resiste strenuamente alla colonizzazione del formicaio.
Un pezzo di questa Italia si è già assuefatto al volere divino, complice la naturale tendenza mediterranea a seguire ciecamente un capo.
Un altro pezzo è confuso e vive convulsioni terribili perché si sente impotente a far cambiare le cose.
A questo punto arriva un signore che dice: io cambierò le cose, fidatevi di me. Ciecamente.
E come primo obiettivo sceglie proprio quel pezzo d’Italia che ancora resiste alla colonizzazione. Certo ha buon gioco: i capi del pezzo d’Italia che resiste in realtà sono dei formiconi mangiatutto. Poi dice: voi formiche che resistete venite con me, che io farò cambiare tutto. Nello stesso tempo si volta verso i formiconi e dice: se non ci fossi io la rabbia delle formichine resistenti distruggerebbe tutto.
Insomma, lui sa come fare per evitare la colonizzazione definitiva del formicaio.
Però…c’è un però.
Questo signore, molto prima di gridare ai quattro venti che avrebbe cambiato tutto, era andato un giorno a pranzo con uno degli emissari dei padroni del mondo. Gli aveva spiegato per filo e per segno cosa pensava e cosa intendeva fare.
Dite che gli imperatori hanno fatto un salto sulla sedia e detto “ohibò, dobbiamo fermarlo”? Ma neanche per idea. L’emissario scrive ai suoi padroni che tutto va bene, che il signore in questione ha delle idee interessanti e che loro, al contrario dei suoi compatrioti, lo considerano un interlocutore credibile.
Passa il tempo e il signore suddetto riesce nel suo piano: un pezzo d’Italia lo segue con fede convinta.
A quel punto, quel pezzo d’Italia, che è in buona parte la stessa confusa e convulsa che resiste, pensa che finalmente ci sarà un cambiamento. Il signore lo ha promesso ai quattro venti. Loro lo hanno seguito per questo.
Invece il signore in questione si dedica a un altro compito: distruggere i formiconi e prendersi la loro quota di formiche.
Dell’Italia già assuefatta al volere divino si disinteressa quasi totalmente. Anzi, la rimette in sella, quando già era all’angolo.
Ma come, gli dicono le formichine? Non preoccupatevi, risponde il signore. Quello sarà il nostro prossimo obiettivo.
Nell’attesa però continua a distruggere proprio quella parte di formicaio che che ha ancora memoria di come si potrebbero ostacolare i disegni degli imperatori.
A quando il prossimo pranzo con gli emissari degli imperatori?

Anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano (Gino e Michele)

Tosca

P.s. Domanda: perché tutte le armi concepite e sviluppate negli ultimi 15 anni sono disegnate per il controllo della folla, per la repressione urbana?

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Settembre nero

A settembre, dice Beppe Grillo, non ci saranno i soldi per pagare gli stipendi e le pensioni.
Stranamente tutti, governanti in primis, sembrano pensare che stia esagerando. O almeno così devo dedurre da:
1. Questioni di cui si occupa il governo
2. Questioni di cui si occupa la cosiddetta informazione
3. Questioni di cui si dibatte accanitamente su blog, forum e pagine varie
Nessuno di questi grandi discorsi prende mai in considerazione la cosa.
Mi da fastidio – anzi terrore – doverlo ammettere, ma io penso invece che Grillo abbia ragione.
Non si tratta di una fine analisi politica. È la banale constatazione che tra un mese, il 16 giugno, c’è una scadenza importante: il pagamento delle tasse per tutti quelli che non sono lavoratori dipendenti. Vale a dire, principalmente, le aziende e le partite iva.
Tutta gente che negli anni, spesso, è dovuta ricorrere al credito bancario per pagare le suddette. Per ragioni che entrano nelle “intricacies” del sistema fiscale, molti non hanno a disposizione i liquidi per pagare quando lo stato chiede. Se a questo aggiungiamo che la crisi ha prosciugato qualunque riserva e che le banche non danno più credito, soprattutto quando le aziende non sono in condizioni di restituire, l’equazione è completa. Vale a dire che a giugno molti non pagheranno. Non perchè non vogliono, semplicemente perchè non potranno.
Un vuoto fiscale da brivido per la macchina statale che, appunto, non avrà i soldi per pagare gli stipendi.

I want my money back

Tosca

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Un altro mondo (?)

Così finiscono le dittature nel terzo millennio. Ricorda niente?
http://www.guardian.co.uk/world/2013/may/10/zimbabwe-mugabe-tide-turning

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Fantapolitica

Ipotizziamo che nel Pdl ci siamo un bel po’ di quarantenni che si sono stufati di avere un padrone così ingombrante.
Ipotizziamo che questi quarantenni abbiano già provato a dribblare il padrone ma che abbiano dovuto piegare la testa per l’ennesima volta.
Ipotizziamo poi che questi quarantenni abbiano stretto da tempo amicizia con un gruppetto di loro coetanei del Pd coi quali dialogano amorevolmente dietro le quinte e che gli hanno promesso uno sdoganamento che li porta al potere in prima persona e con migliori prospettive che se rimanessero dietro la coda di Silvio.
Supponiamo che questi quarantenni del Pd siano molto ben connessi internazionalmente con gruppi di potere vero per i quali Silvio Berlusconi è ormai decisamente ingombrante (anche se non possono/vogliono dirlo pubblicamente per ovvi motivi) oltreché inservibile.
Facciamo quindi l’ipotesi che di fronte alle sballate elezioni italiane, questi due gruppi di quarantenni abbiano intravisto una possibilità che attendevano da tempo: far fuori il padrone – che ormai è ingombrante per tutti – e anche quella parte della sinistra italiana che vorrebbe “un altro mondo possibile”.
Et voilà un bel governo, costruito da abili mani democristiane – non dico nulla di nuovo, ma davvero, nessuno sa fotterti mentre non te ne accorgi come i democristiani – che apparentemente serve i bisogni di Silvio, ma che in realtà ha tra i suoi obiettivi quello di farlo fuori.
Il nostro problema a questo punto è che Il nano non è più il nostro vero problema.
A occhio, in questa fantasiosa ipotesi, il nostro problema è che il potere è in mano a un gruppo coeso, che ha interessi comuni, che è presentabile (ai poteri forti internazionali e a un sacco di italiani moderati) e che risponde perfettamente ai poteri finanziari/corporativi (nel senso di corporation) mondiali.
In questo che sarebbe un incubo, noi continuiamo a vedere il dito (il nano) senza vedere la luna, ovvero la modificazione strutturale del circuito di potere con fortissime venature di post-democrazia (ovvero: come ti massacro la costituzione italiana, troppo piena di diritti per tutti).
Ti dò due indizi di cui sicuramente ti sei già accorto: la pattuglia Pdl nel governo presa di peso dalla lista dei partner di “veDrò” (creatura del nostro ineffabile premier come tu sai) e la strana freddezza del nano su questo governo in cui sembra che abbia vinto lui.
Comprendo qui anche la boutade di un paio di giorni fa. Chi dice che non sia un modo di provare a sbancare prima che lo taglino fuori?
Tenere presente please che svariati parlamentari del Pdl capirebbero in un attimo quanto a questo punto sia più conveniente essere sdoganati e liberi piuttosto che dipendenti mani e piedi da un padrone in declino. Quindi la possibilità di B. di far saltare il banco diventa quantomeno ipotetica. E lui, in questa mia ricostruzione fantasiosa, ha cominciato a capirlo. Per cui prova a giocare d’anticipo.
In tutto questo, il nostro ineffabile premier, ha bisogno che il Pd rimanga unito, che non si frantumi perchè hanno tutti bisogno di tempo per portare a termine il piano.
Quindi moral (e forse non solo moral) suasion con tutti i piddini incerti, direi confusi perché non capiscono. E Ciwati non lo butteranno mai fuori se vota no, col rischio che sia il sassolino che fa partire la valanga. Così si spiegherebbe anche l’ottica di un governo di lungo periodo, che molti di noi continuano a non capire. Solo perché continuiamo a guardare il dito.
Se sbaglio, avrò scritto solo un ennesimo pezzo di fantapolitica.
Se ho ragione, prepariamoci alla Resistenza.

Ora e sempre Resistenza

Tosca

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L’uomo che ha fottuto un intero paese

Giusto per non parlare solo di nomi, provo ad elencarvi le ragioni per cui il governo con Berlusconi non va bene. Per l’Italia, non solo per il Pd.

Primo: i suoi governi, prevalenti negli ultimi vent’anni, hanno devastato la scuola italiana che oggi non è più in grado di dare una formazione adeguata ad un grande paese occidentale.

Secondo: i suoi governi hanno fatto politiche che hanno aumentato la disuguaglianza sociale ed economica del paese, fattore di regressione sociale come è dimostrato da molti paesi emergenti che cominciano a crescere nel momento in cui avviano una migliore redistribuzione del reddito.

Terzo: i suoi governi non hanno mai fatto alcuna riforma seria del sistema. Non una riforma della pubblica amministrazione (che viaggia ancora con logiche borboniche), non una riforma della giustizia CIVILE che è indispensabile alla vita economica del paese.

Quarto: non ha mai combattuto la corruzione che è un fattore di arretramento economico e sociale

Quinto: non ha mai combattuto l’evasione e soprattutto l’elusione fiscale, che sono la premessa di quella disuguaglianza di cui sopra.

Sesto: non ha mai avuto la capacità, culturale e tecnica, di capire e gestire i meccanismi complessi di una società come quella italiana.

Conclusione. La realtà è che Berlusconi non ha mai governato, ha solo usato il paese per fini propri.

The man who screwed an entire country (By Economist)

Tosca

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Cambio di paradigma

La premessa di ogni analisi, in questo momento, è rendersi conto che sta cambiando il paradigma sociale.
Molte persone non sono più disponibili ad accettare decisioni, in qualunque campo, ma chiedono di conoscere motivi e processi di decisione e di ricevere spiegazioni delle stesse che le convincano.
Parlo di paradigma perché questo vale in ogni campo: la politica è quello in cui si nota di più, ma la stessa cosa vale ad esempio in campo economico, con la forte spinta a conoscere da dove vengono le merci, come sono prodotte e così via. O in campo sanitario dove i pazienti chiedono sempre più di essere informati sul loro stato e di poter prendere decisioni su se stessi.
A questo si coniuga l’esigenza, che definirei antropologica, di esprimere la propria opinione. Sintomo esteriore dell’esigenza fondamentale di individualità. Una spinta tanto più forte quanto più cresce la pressione antropologica, la sia pur vaga percezione di una terra sempre più affollata e di una realtà che per la maggior parte delle persone (eccetto i “lucky few” che vivono vite eccezionali) si uniforma e costringe ad un conformismo sociale e politico sempre più soffocante.
In questo snodo sta la ragione sia della rabbia “popolare” – alimentata dalle difficoltà economiche ma non attribuibile esclusivamente ad esse – che si radica nella coscienza di non avere peso (“io so io e voi nun siete un cazzo”) sia il grande successo della truffa grillina: uno vale uno, manifesto fondamentale del M5S che è stato disatteso fin dal primo momento e che non a caso ha provocato grandi risentimenti nella rete. Ciononostante l’attaccamento a questa movimento rimane forte anche perché nessun altro soggetto politico sembra capire il bisogno, né tantomeno provare a soddisfarlo. E credo che questa sia la ragione per cui, anche di fronte a una manifesta incapacità e inadeguatezza a risolvere i problemi, il consenso rilevato si abbassa di solo pochi punti percentuali.
Ritengo anche che questa fondamentale carenza dei soggetti politici sia all’origine dell’ondata populista che con un gioco di specchi offre la sensazione di comunicazione a doppio senso, cosa non reale (il blog puro sfogatoio che non è letto né preso in considerazione nelle decisioni) ma ancora in buona parte percepita o comunque sperata.
Rispondere sostanzialmente (e non solo strumentalmente come sta avvenendo ora) a questa esigenza mi pare il fulcro della politica del futuro.

Todo cambia

Tosca

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Corroditi in pace

thatcher

“opportunamente ricordata da poveri, operai e combattenti per la libertà”.
Zapiro, mail&guardian, South Africa

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Spettacolo indecente

Da 40 giorni assistiamo a uno spettacolo indecente. No, non sto parlando dello sconcertante balletto dei partiti politici. Parlo del comportamento dei giornalisti italiani e del modo in cui credono di fare informazione.
Gli inseguimenti, le imboscate, le interviste che cercano di strappare con comportamenti al limite della molestia contro i deputati del movimento cinque stelle, le domande ripetute a pappagallo che non chiedono mai quali iniziative politiche intendono mettere in atto ma solo se si stanno spaccando o se faranno alleanze per il governo o no. E le domande sono tendenziose, mirate solo ad ottenere una frase ad effetto o una dichiarazione sorprendente. Non cercano mai di capire e far capire, vogliono solo stupire.
Mi sto convincendo che il livello indecoroso dell’informazione in Italia è in buona parte responsabile dell’isteria che ha ormai palesemente preso l’Italia.
Un’isteria collettiva tutta emozione e niente ragionamento.
Quando vedo le cosiddette piazze televisive dove l’inviato del programma di turno riunisce la gente urlante, incazzata e dolente alla quale chiede solo di scatenare le emozioni, di raccontare la sua disperazione quotidiana e mai di dare conto di quali sono le cause del problema, mi rendo conto che questo ha una terribile conseguenza. Quel dolore e quella rabbia, funzionali solo ad un supposto spettacolo, non alla comprensione, vengono moltiplicati a mille, impiantati nella testa di chi guarda come unico elemento di narrazione della crisi. Non danno né criteri politici, né criteri umani per capire.
Sono colpi sotto la cintura, che vanno direttamente alla pancia di chi guarda. E che solo quella pancia nutrono. E se si nutre solo la pancia di una società, solo quella funzionerà.

Non prevalebunt

Tosca

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Fidatevi

Che fare? La mitica domanda è più che mai attuale.
Soprattutto per il partito democratico che è in una crisi convulsiva potenzialmente fatale.
Piccolo suggerimento. Quando un problema appare insolubile bisogna guardarlo da un’altra prospettiva.
Allora il passo numero uno è chiedersi che crisi è quella che sta vivendo l’Italia e di conseguenza il Pd. È una crisi di fiducia. Manca la fiducia in parlamento, certo. Ma manca anche la fiducia negli italiani che stanno perdendo ogni speranza di uscire dal peggior guaio che gli sia capitato dopo le guerre mondiali. Manca anche la fiducia dentro il partito, tra i suoi stessi vertici.
Insomma bisogna trovare fiducia.
Il Pd crede, insensatamente, di doverla trovare da qualcun altro.
La chiede agli stellini che gli dicono di no. Crede allora di doverla chiedere al nano, cosa che equivale a un suicidio.
E invece il Pd non si rende conto che ha in cassaforte un tesoro di fiducia: sono tre milioni e passa di persone che in un giorno di dicembre hanno alzato il culo dalla sedia, poltrona, divano e si sono messi in fila per votare. Per dire la loro sul futuro dell’Italia.
È a quella fiducia che il partito democratico deve guardare, è da lì che deve prendere la forza. È quella la gente che deve chiamare a raccolta. Per capire da parte andare, per trovare la soluzione all’imbroglio perfetto confezionato da due miliardari.

Fidatevi.

Tosca

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