Anche le formiche…

Un mondo di poteri forti, in mano a poche migliaia (centinaia?) di persone che decidono sopra la testa di sette miliardi di formichine.
È questo lo scenario più realistico dei prossimi anni se non accade una rivoluzione. Nel senso etimologico, ovvero una rottura delle strutture profonde che governano il mondo. Che poi sia violenta, di velluto, distruttrice o meno, rivoluzione dovrà essere se non vogliamo finire schiacciati nel formicaio. E che nessuno pensi di salvarsi. I signori del mondo sono un club molto, ma molto esclusivo.
Questa è la cornice.
Nel quadro c’è anche l’Italia dove si stanno facendo, dal punto di vista dei nuovi imperatori, degli esperimenti molto interessanti.
Perché uno dei problemi, forse il principale, degli imperatori, è come controllare la rabbia devastante che potrebbe far insorgere le formichine. E sette miliardi di formichine che si incazzano possono essere un vero problema.
Quindi vediamo cosa accade in Italia, anello debole della catena superiore, ovvero quella dei paesi dove le formichine, finora, sono state ben pasciute. Debole perché dedita a vizi antichi: spendacciona, inefficiente, indebitata fino agli occhi. Ma pur sempre un paese ricco, di una ricchezza diffusa, non ancora troppo concentrata nelle mani di pochi. E quindi difficile da spezzare e sottomettere. Ricca anche di cultura politica – seppur anestetizzata – che resiste strenuamente alla colonizzazione del formicaio.
Un pezzo di questa Italia si è già assuefatto al volere divino, complice la naturale tendenza mediterranea a seguire ciecamente un capo.
Un altro pezzo è confuso e vive convulsioni terribili perché si sente impotente a far cambiare le cose.
A questo punto arriva un signore che dice: io cambierò le cose, fidatevi di me. Ciecamente.
E come primo obiettivo sceglie proprio quel pezzo d’Italia che ancora resiste alla colonizzazione. Certo ha buon gioco: i capi del pezzo d’Italia che resiste in realtà sono dei formiconi mangiatutto. Poi dice: voi formiche che resistete venite con me, che io farò cambiare tutto. Nello stesso tempo si volta verso i formiconi e dice: se non ci fossi io la rabbia delle formichine resistenti distruggerebbe tutto.
Insomma, lui sa come fare per evitare la colonizzazione definitiva del formicaio.
Però…c’è un però.
Questo signore, molto prima di gridare ai quattro venti che avrebbe cambiato tutto, era andato un giorno a pranzo con uno degli emissari dei padroni del mondo. Gli aveva spiegato per filo e per segno cosa pensava e cosa intendeva fare.
Dite che gli imperatori hanno fatto un salto sulla sedia e detto “ohibò, dobbiamo fermarlo”? Ma neanche per idea. L’emissario scrive ai suoi padroni che tutto va bene, che il signore in questione ha delle idee interessanti e che loro, al contrario dei suoi compatrioti, lo considerano un interlocutore credibile.
Passa il tempo e il signore suddetto riesce nel suo piano: un pezzo d’Italia lo segue con fede convinta.
A quel punto, quel pezzo d’Italia, che è in buona parte la stessa confusa e convulsa che resiste, pensa che finalmente ci sarà un cambiamento. Il signore lo ha promesso ai quattro venti. Loro lo hanno seguito per questo.
Invece il signore in questione si dedica a un altro compito: distruggere i formiconi e prendersi la loro quota di formiche.
Dell’Italia già assuefatta al volere divino si disinteressa quasi totalmente. Anzi, la rimette in sella, quando già era all’angolo.
Ma come, gli dicono le formichine? Non preoccupatevi, risponde il signore. Quello sarà il nostro prossimo obiettivo.
Nell’attesa però continua a distruggere proprio quella parte di formicaio che che ha ancora memoria di come si potrebbero ostacolare i disegni degli imperatori.
A quando il prossimo pranzo con gli emissari degli imperatori?

Anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano (Gino e Michele)

Tosca

P.s. Domanda: perché tutte le armi concepite e sviluppate negli ultimi 15 anni sono disegnate per il controllo della folla, per la repressione urbana?

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