Il sogno di Gianroberto

Voleva, disperatamente voleva, creare qualcosa di indimenticabile, di unico e soprattutto che lo liberasse dal fastidioso problema di dover far quadrare i bilanci.
Una notte ebbe un sogno.
Sognò un nuovo prodotto da lanciare sul mercato. Una merce che si produceva a costo zero e si vendeva carissima. Nel suo sogno, Gianroberto si vedeva lanciarla sul mercato e diventare di colpo, nel giro di pochi anni, imperatore del mondo. Aveva scoperto il prodotto perfetto, the ultimate product: il riconoscimento.
Si svegliò proprio nel momento in cui lo stavano incoronando.
“Peccato che sia solo un sogno” borbottò mentre ciabattava verso la cucina per farsi un caffè.
Fu mentre lavava la moka lasciata sporca dalla sera prima che capì il suo sogno.
Riconoscimento, ovvero dare a tutti la percezione di essere qualcuno. In un mondo che tendeva alla conformità asfissiante e che diceva continuamente a sette miliardi di persone “io so’ io e voi non siete un cazzo”, vendere la possibilità di sentirsi qualcuno, di avere un valore unico e soprattutto la percezione di avere un potere era the ultimate product, quello che si sarebbe venduto da solo.
Del resto tutte le merci venivano pubblicizzate attraverso questo messaggio: con questo vestito tutti ti noteranno, con questa automobile sarai unico, con questa crema brillerai.
Dilettanti. Usavano l’oro per vendere il piombo. Il vero prodotto era il messaggio. “Uno vale uno”, sei unico, irripetibile. Vendere l’idea pura. Questo diceva il suo sogno.
Si accorse che il caffè era uscito, aveva bollito e la moka si era bruciata.
Si limitò a spegnere il gas e rimase in piedi appoggiato al fornello.
“Come posso vendere riconoscimento?” continuava a chiedersi.
La sua testa lavorava freneticamente. “Cos’è il riconoscimento?
Decise di procedere con metodo.
Aprì il tablet e cominciò a inserire parole in Google.
Riconoscere, vedere, guardare, essere. Gli uscivano milioni di voci.
Alle due del pomeriggio, ancora in pigiama e senza aver bevuto nemmeno un caffè, con gli occhi che schizzavano fuori dalle orbite, si arrese. Aveva avuto l’idea del secolo ma non riusciva a materializzarla.
Sentì che squillava il cellulare ma non fece in tempo a rispondere. Era il suo ufficio. Aveva 17 chiamate non risposte.
Decise di chiamare.
“Dov’eri finito?” gli chiese il figlio Davide “cominciavamo a preoccuparci”.
“Stavo lavorando” rispose laconico.
“Ti ricordi che alle tre abbiamo una riunione?”
“Vagamente. Di che si tratta?”
“Viene qui Antonio di Pietro, ti ricordi che non era contento di come stava andando il suo blog?”
Il potere politico! Ecco la materializzazione della sua idea. Cosa più del potere politico ti dà riconoscimento? Cummannari è megghiu ca futtiri dicono i siciliani. E certo che é meglio: se comandi sei il padrone, tutti ti riconoscono, tutti ti guardano e tutti ti ascoltano.
Dare ad ognuno singolarmente il potere politico. Dare ad ognuno la percezione di avere il potere. Uno vale uno. Che la forza sia con te, si disse e si mise a ridere. Una risata che cominciò piano, in sordina ma poi crebbe fino a diventare un riso irrefrenabile.
“Ehi, che succede?” sentì suo figlio dire dall’altra parte del telefono.
“Siamo ricchi, Davide” rispose. E chiuse la comunicazione.
La sua mente si perse a calcolare le infinite possibilità di guadagno derivanti da milioni di connessioni che passavano per i suoi server.

Uno, nessuno, centomila

Tosca

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